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Malata Alzheimer, appello della figlia: “Mia madre ha bisogno di me, mezz’ora a settimana di visita è poco”

La pandemia da Covid-19 ha cambiato la vita delle famiglie e dei malati ricoverati presso strutture sanitarie. Come quella della signora Daniela Tordi e di sua madre, malata di Alzheimer che per vedersi hanno i minuti contati.

E’ proprio la signora Daniela Tordi ad aver preso carta e penna e scritto all’assessore regionale Luca Coletto per segnalare alcune criticità.

“Egregio assessore Coletto, le scrivo in quanto figlia di una malata di Alzheimer ospite di una Rsa del comprensorio orvietano. La struttura dove risiede mia madre è stata colpita dal contagio. Durante la quarantena ha visto decimato il personale in quanto positivo, gli ospiti sono stati sottoposti a rigide misure di isolamento, ogni attività è stata sospesa.

Tutti hanno pagato un prezzo altissimo, operatori e malati. Ma questi ultimi partono da una condizione severa, che ha significato un’ ovvia regressione psico-fisica . Come stretto congiunto, ho potuto rivedere mia madre solo a partire dall’8 di giugno, ma a tutt’oggi posso andare a trovarla solamente una volta a settimana, su appuntamento e per mezz’ora.

Premesso che il contatto con i familiari è una componente terapeutica fondamentale per il benessere di questi malati, come lo stesso direttore dell’Iss ha riconosciuto in una recente intervista, è chiaro che una visita settimanale di 30 minuti non è sufficiente a favorire il recupero e lo stimolo necessari a sostenere persone come mia madre.

Non mi dilungo su questo aspetto, che ritengo facilmente comprensibile per tutti, dal punto di vista medico-scientifico non meno che umano. In costanza di pandemia, nell’ottica di una sia pure faticosa normalizzazione (le visite negli ospedali sono di nuovo ammesse, le scuole hanno riaperto, etc.), ho chiesto colloqui alla direzione sanitaria della struttura in cui mia madre è ospite ed alla direzione della Asl orvietana, chiedendo di poter tornare a visitare mia madre non fosse altro una seconda volta alla settimana ed offrendo come garanzia il tampone. Mi è stato risposto che le norme di sicurezza applicate dipendono dalla Regione ed è per questo che le scrivo.

Le scrivo perché credo che se i parenti stretti forniscono le stesse garanzie degli operatori della struttura, che fuori dalle ore di servizio svolgono una normale vita sociale e sono per questo monitorati a scadenza con il tampone, è necessario e urgente prevedere un allargamento delle maglie, volendo evitare che gli effetti del Covid siano più perniciosi degli effetti collaterali. Non mi dilungo sui difficili e complessi aspetti emotivi della mia personale esperienza, che ovviamente sono condivisi da migliaia di persone in Italia.

Mi auguro semplicemente che le istituzioni operino con il dovuto raziocinio e la dovuta sensibilità nei riguardi di tutte le istanze coinvolte, perché non succeda che la medicina sia più dannosa del male”.

Foto: Terni Life ©

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