Crescono le imprese di stranieri in Italia, ossia quelle imprese registrate nel nostro Paese i cui titolari e i soci sono, o esclusivamente, o in maniera ‘forte’, o comunque in maniera maggioritaria persone straniere, sia comunitarie che extracomunitarie. In un decennio, dal 2012 al 2012, il tasso di imprenditorialità di stranieri in Italia (ossia la percentuale di imprese di stranieri sul totale delle imprese) è passato dal 6,3% al 10,7%, con le aziende di stranieri cresciute da 457mila 519 a 645mila 866 (+188mila 347, +41,2%), non riuscendo tuttavia a compensare la diminuzione delle imprese di italiani, scese nel decennio di 242mila 219 (da 5.615.639 a 5.373.420), con una flessione del 4,2%. In altre parole, c’è un ‘buco’ di 54mila 872 aziende. Nel dettaglio, le 645mila 866 imprese di stranieri al 31 dicembre 2022 sono per il 20,6% da persone comunitarie e per il 70,4% da persone extracomunitarie.
Lo evidenzia l’indagine curata dall’Ufficio Comunicazione e Stampa della Camera di Commercio dell’Umbria, basata su dati Infocamere-Unioncamere, che entra nel dettaglio della situazione di
tutte le regioni e presenta anche un articolato Focus sull’Umbria, con i dati relativi a tutti i comuni della regione.
Le imprese di stranieri in tutte le regioni. In testa Liguria e Toscana, in coda Basilicata e Sardegna. La media nazionale è 10,7%. (Tabella 1, Grafici 1 e 2).
Al 31 dicembre 2022 la regione con la più alta percentuale di imprese di stranieri sul totale delle imprese è la Liguria (15,1%), seguita da Toscana (15%), Emilia-Romagna 13,4%, Lazio (13,2%) e Lombardia (13,1%). In coda, con le percentuali più basse di imprese straniere ci sono Basilicata (4%), fanalino di coda, quindi Puglia (5,6%), Sardegna (6,1%), Sicilia (6,1%) e Molise (6,5%).
Nel Centro, dopo Toscana e Lazio arrivano Umbria (10,3%) e Marche (9,2%), entrambe sotto la media nazionale del 10,7%.
Otto le regioni sopra la media nazionale in cui si concentrano le aziende di stranieri: Liguria, Toscana, Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia (13%), Piemonte (11,8%) e Veneto (11,3%).
Ovviamente, se si guarda ai valori assoluti, che dipendono dalla grandezza e dalla vitalità economica di ciascuna regione, il quadro è diverso. Per fare un esempio, in termini assoluti è la Lombardia a presentare il maggior numero di imprese di stranieri (123mila 567), seguita dal Lazio (80mila 398). Nella tabella 1 ci sono tutti i dati, sia assoluti che percentuali.
FOCUS SULL’UMBRIA (Tabelle 2 e 3, Grafico3)
In Umbria oggi è di stranieri il 10,3% delle aziende (erano il 7,5% dieci anni fa), ma se nel 2012 la regione era sopra la media nazionale, oggi è sotto. La crescita delle aziende straniere non compensa affatto il calo di quelle di italiani: il ‘buco’ è di 1.271 imprese. Ed è più elevata della media la quota di aziende gestite da stranieri comunitari
Nel decennio 2002-2012 in Umbria le imprese di stranieri sono cresciute del 35,4% (meno della media nazionale, che segna +41,2%), passando da 7mila 222 a 9mila792, con un incremento di 2mila 560 unità che non compensa il calo di 3mila 831 imprese di italiani avvenuto nel decennio. Il ‘buco’ accumulatosi nella decade è quindi di 1.271 imprese.
Come visto, al 31 dicembre 2022 la percentuale delle imprese di stranieri sul totale delle imprese in Umbria è del 10,3% (nel 2012 era del 7,5%). Qui è da notare come nel 2012 la percentuale di imprese di stranieri fosse superiore alla media nazionale (7,5% contro 6,3%), mentre nel 2022 è inferiore (10,3% contro 10,7%).
Più nel dettaglio si può osservare che, delle 9mila 792 imprese di stranieri presenti oggi in Umbria, il 28,1% fa riferimento a persone comunitarie (il dato umbro è superiore al 20,6% della media nazionale), mentre il 71,9% fa riferimento e persone extracomunitarie (media nazionale 79,4%).
La densità delle imprese di stranieri in tutti i comuni umbri al 31 dicembre 2022: in testa Fossato di Vico e Attigliano. Tra i comuni più grandi, con oltre 15mila abitanti, le percentuali più elevate a Umbertide, Terni, Gualdo Tadino, Foligno e Perugia. In coda Narni, Orvieto, Todi, Gubbio e Assisi. Tutti i dati in valore assoluto e in percentuale (Tabelle 2 e 3, Grafico 3)
Fossato di Vico (19%), Attigliano (18,3%), Tuoro sul Trasimeno (17,8%), Valtopina (15,2%), Parrano (14,8%) e Montegabbione (14,6%) sono i comuni dell’Umbria che, al 31 dicembre 2022, presentano le percentuali più elevate di imprese di stranieri sul totale delle imprese del comune.
In coda, come si può vedere dalla Tabella 2, i comuni di Poggiodomo (nessuna impresa di stranieri sulle 17 aziende esistenti nel comune), Monteleone di Spoleto (0,9%), Allerona (1,4%), Cascia (1,9%) e Sellano (2,7%).
Ma il quadro diventa più significativo se si guarda ai comuni più grandi, quelli sopra i 15mila abitanti (Tabella 3). Umbertide tira la volata con 13,9 imprese di stranieri ogni 100 esistenti nel comune, quindi Terni (13,8%), Gualdo Tadino (13,6%), Foligno (12,5%) e Perugia (12,3%).
Dietro la ‘Top Five’, ma comunque sopra la media regionale del 10,3%, i comuni di Magione (11,6%), Bastia Umbra (11,4%) e Castiglione del Lago (11,1%).
Quindi i comuni sotto la media regionale, partendo da Corciano (10,1%), Città di Castello (9,6%), San Giustino (9,5%), Marsciano (9,4%), Spoleto (9,4%). Fino ad arrivare ai cinque comuni umbri con le percentuali più basse: fanalino di coda è Narni (6,3%), quindi Orvieto (6,8%), Todi (7,2%), Gubbio (7,7%) e Assisi (8,5%).
A livello provinciale non ci sono differenze sostanziali: sia nella provincia di Perugia che in quella di Terni: la percentuale di imprese di stranieri è allineata sul 10,3%.
A livello di numeri assoluti ovviamente le cose cambiano, risentendo della grandezza di ciascun comune. Ad esempio, il comune umbro con più imprese straniere in assoluto è il capoluogo di regione (Perugia conta 2mila 194 su 17mila 801 imprese totali), quindi Terni (1.490 imprese di stranieri su 10mila 802 totali) e così via. I dati, sia totali che percentuali, sono riportati tutte nelle tabelle indicate.