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Terni Festival dura meno ma inizia prima, anteprima 15 e 16 settembre

L’edizione del Terni Festival 2017 durerà meno ma inizierà prima: un paradosso solo in apparenza, infatti la creazione di questa partitura collettiva e dei suoi ambienti è un processo lungo, partito già dal 25 agosto con il lancio delle prime chiamate alla partecipazione di artisti, cittadini, amatori. Un tempo necessario alla solida costruzione della nostra comunità provvisoria.

Il 15 e 16 settembre il festival si affaccia in anteprima con due serate dedicate alla trilogia del regista Liv Ferracchiati, con la sua riscoperta della drammaturgia contemporanea e con Nacera Belaza, danzatrice francese che esplora temi di identità e integrazione attraverso l’alfabeto della danza tradizionale e le sue metamorfosi nel tempo.

Dal 20 al 24 settembre il Terni Festival esplode e ci consegna il risultato finale dei processi costruiti nei mesi precedenti trasformandosi attraverso l’uso che ne verrà fatto.

Il festival di quest’anno infatti nasce con la volontà di rileggere e ridisegnare i rapporti di prossimità, il concetto di “bene comune” e dell’abitare insieme uno spazio concepito come “pubblico e del pubblico”.

Il progetto di quest’anno nasce in condivisione con 4 artisti, Michele Di Stefano, Leonardo Delogu, Veridiana Zurita e Friso Wiersum, già ospitati nel 2016 in un periodo di residenza e ricerca all’interno di abitazioni temporanee sugli alberi e che hanno attivato un processo di ripensamento del formato del festival, del suo spazio e del suo tempo: festival non solo assemblaggio di artisti e spettacoli, ma processo di co-creazione di paesaggi da animare insieme, con la città e i pubblici come protagonisti nella condivisione di cibo, storie e oggetti, così il festival diventa una partitura collettiva, un coro e una narrazione dal basso.

Due i paesaggi principali, The museum of the moon, una gigantesca luna che atterrerà al CAOS e illuminerà il vicinato e Garden State, una foresta addomesticata che ricomporrà la geografia della città, saranno scenari immaginari attraversati dal festival.

All’interno di questa natura artificiale gli artisti condivideranno con il pubblico percorsi di visione e partecipazione: danze e incursioni in miraggi esotici come Bermudas di Michele di Stefano, camminate all’alba e al tramonto come nuovi rituali con Friso Wiersum e momenti quotidiani legati al cibo trasformati in tappe non ordinarie anche grazie a Rares Craiut e il suo cooking show dedicato al ripensamento della cucina tradizionale. Questi processi ci permetteranno di avvicinarci (“come close”) e costruire mondi alternativi: unire risorse, forze e memorie per dare vita a realtà inattese.

Avvicinarsi sarà quindi un atto di stupore e scoperta, per vedere meglio o rimettere a fuoco: questo investimento sullo sguardo come atto di comprensione e ricomposizione della realtà quotidiana e della città che scorre sotto i nostri occhi è al centro del lavoro del collettivo Strasse con The end e di Lotte Van den Berg con Cinema Imaginaire, che ci invitano ad attraversare la città e carpire momenti prosaici trasformati dalla nostra immaginazione in frammenti di un discorso poetico.

Visioni e utopie tornano nel lavoro di Lucas DeMan, dedicato alle nuove generazioni in Europa, e diversamente nel nuovo lavoro di Danio Manfredini, in cui si addentra nei temi di diversità e follia.

Avvicinarsi sarà anche ascoltare suoni nascosti e sotterranei, con Marialena Marouda e Malte Scholz o la sfera dei sogni che il duo Kristoff K Roll raccoglie in una speciale biblioteca, consultabile solo indossando delle cuffie e abbandonandosi alle onde sonore.

La sfera onirica torna in Sleep Technique di Dewey Dell che, con la loro danza ispirata al riposo degli animali e all’era preistorica ci ricordano come nell’ombra della notte possiamo riscrivere noi il tempo e lo spazio.

Con CasaBranca e il loro trigger of happiness con 13 adolescenti tra i 18 e i 23 anni e Quim Bigas Bassart che travolge con un’energia che mescola adrenalina e senso critico, si ricostruisce un’idea della felicità oltre gli stereotipi e le semplificazioni, una felicità democratica che accetta ombre e imperfezioni per cavalcarle con gioia.

Questo è il messaggio del festival 2017, una chiamata a partecipare e unire le nostre immaginazioni per riscattare l’idea del declino e dell’impossibilità di produrre cambiamenti nella realtà che ci circonda, un’energia che può nascere solo da una moltitudine, da una comunità.

Foto: (archivio) TerniLife ©

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