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UNA TERNANA IN TURCHIA E IL SUO PROGETTO DI ACCOGLIENZA “DEC: DOV’È CASA”

(di Roberta Falasca) Ha capito che la sua vita doveva essere spesa altrove. E così, armata di coraggio ha deciso di trasferirsi in Turchia per seguire suo marito, insegnante di chimica e dare vita a un’iniziativa di accoglienza per la comunità di italiani che vive lì. La pedagogista ternana Chiara Sarti, classe ‘86, una volta arrivata a Smirne (Izmir in turco) ha dovuto rimboccarsi le maniche, prima per cercare lavoro presso le scuole italiane e poi per imparare la lingua. Ma a darle soddisfazione è il progetto Dec che sta per “Dov’è casa” ma anche acronimo derivante dalle iniziali dei nomi delle sue fondatrici, della ternana Chiara e di altre due ragazze italiane che vivono a Smirne: la psicologa Diletta Sani di Empoli e la pedagogista Eva Cappella di Bari.

“Dov’è casa” vuol dire accoglienza, vuol dire comunità, ospitalità. “Appena arrivata in Turchia – spiega Chiara Sarti – ho vissuto con impatto il cambiamento. Nonostante Smirne sia la città della Turchia più occidentalizzata, le differenze culturali, sociali e religiose con gli autoctoni sono molte. Ho fatto tanti colloqui per poter esercitare la mia professione, ho fatto del volontariato nella biblioteca di una scuola e alla fine ho capito che la mia strada era quella di aiutare gli stranieri che vengono a vivere in Turchia. E così, insieme a due colleghe, abbiamo deciso di realizzare un progetto dedicato alla comunità italiana che vive a Smirne, attraverso gli strumenti della pedagogia e della psicologia. Abbiamo iniziato con laboratori psico-educativi per mamme e bambini, poi con momenti ludici per le famiglie. Il nostro progetto, che presto diventerà una vera e propria associazione, ha lo scopo di aggregare la numerosa comunità di italiani, soprattutto di levantini, di condividere il tempo libero, eventi e le festività ma soprattutto di sostenere chi arriva in Turchia e si trova a dover far fronte a numerose pratiche come cercare casa, fare documenti, trovare lavoro, ricongiungersi ai familiari. Insomma, creare una rete di accoglienza. Quello che ora manca”.

Foto: TerniLife ©

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