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Umbria, l’isola che arretra: i redditi crollano ma il benessere resiste

Umbria, l’isola che arretra: i redditi crollano ma il benessere resiste 

Ultima in Italia per variazione reale dei redditi Irpef tra 2019 e 2023, l’Umbria sprofonda nei numeri ma tiene su cultura, servizi e istruzione. Ecco perché non tutto è perduto. 

La dichiarazione:

Mencaroni: “Serve uno shock positivo per l’Umbria, non possiamo accontentarci del benessere statico”

Quello che emerge dal rapporto è un allarme che non possiamo ignorare. I dati sui redditi certificano una dinamica regressiva dell’Umbria che rischia di cristallizzarsi. Non possiamo accontentarci di una qualità della vita che resiste mentre l’economia arretra. Il benessere sociale è un patrimonio prezioso, ma da solo non basta: occorre rilanciare l’Umbria come territorio attrattivo, competitivo e capace di trattenere i giovani”, afferma Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria.

Bisogna agire con decisione su tre fronti: innovazione, formazione e imprese. Servono investimenti mirati e strategie condivise tra istituzioni, università e sistema produttivo per dare impulso a un’economia in grado di generare valore aggiunto e occupazione qualificata. I dati sulle domande di brevetto ci dicono che siamo in ritardo, ma anche che c’è margine di crescita se si scommette sul capitale umano. Serve uno shock positivo: infrastrutture materiali e immateriali, digitalizzazione e filiere innovative. Servono scelte coraggiose”, conclude Mencaroni.

 

L’Umbria frena, ma non deraglia. I numeri parlano chiaro: è la regione italiana con la peggior performance in termini di variazione reale del reddito Irpef medio pro capite nel quinquennio 2019-2023. Un primato negativo che mette a nudo la fragilità dell’economia regionale nel post-Covid. Ma la fotografia scattata dall’Istat con il rapporto BesT 2024 racconta anche altro: un territorio dove, nonostante tutto, si continua a vivere meglio della media nazionale grazie a servizi pubblici, scuola, cultura e coesione sociale.

 

Redditi in picchiata: il peggiore saldo d’Italia

Secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il reddito complessivo Irpef per contribuente in Umbria è cresciuto in valori nominali del 10,8%, contro il +13,9% della media nazionale. Ma è quando si considera l’inflazione che emerge la vera caduta: in termini reali, il calo è del 3,7%, oltre tre volte la media italiana (-1%). Una perdita secca di 865,5 euro pro capite in potere d’acquisto. Si tratta della variazione peggiore tra tutte le regioni italiane.

In confronto, la Basilicata ha guadagnato il 2,3% reale, seguita da Molise (+1,8%), Calabria (+1,6%) e Abruzzo (+1,5%). Altre sette regioni hanno almeno recuperato i livelli pre-Covid, ma l’Umbria resta in coda alla classifica.

 

Dipendenti al tappeto, pensionati in controtendenza

Il quadro peggiora quando si guarda al reddito dei lavoratori dipendenti. In Umbria, tra il 2019 e il 2023, il calo reale è stato del 10,7%, a fronte di una media nazionale del -4,5%. Nessuna regione ha fatto peggio. A fronte di un reddito medio di 25.734 euro nel 2019, i lavoratori umbri nel 2023 si sono ritrovati con 25.454 euro, considerando il potere d’acquisto attuale.

Va meglio, invece, ai pensionati: in Umbria i redditi da pensione sono cresciuti in termini reali dello 0,9%, sopra la media nazionale (+0,5%). Una piccola boccata d’ossigeno che rende meno negativo il quadro complessivo, ma non basta a invertire la tendenza.

 

Perugia e Terni, due fatiche parallele

A livello provinciale, la situazione resta critica su entrambi i fronti. La provincia di Perugia ha registrato una crescita nominale dell’11,1% del reddito medio Irpef, mentre Terni si ferma al +10,1%. Entrambe sotto la media italiana, entrambe in perdita se si considera l’inflazione. In numeri assoluti, il reddito medio Irpef in Umbria nel 2023 si attesta a 20.600 euro, contro i 21.800 della media nazionale. Meglio delle Marche (20.500 euro) e di tutte le regioni del Mezzogiorno, ma resta un dato deludente per una regione del Centro.

 

Ma l’Umbria non molla: il riscatto del BES

A bilanciare il pessimismo economico arrivano i dati del BesT (Benessere equo e sostenibile dei territori) pubblicati da Istat. In questo campo l’Umbria mostra una resilienza sorprendente: il 46,1% degli indicatori delle due province si colloca nelle classi di benessere “alta” e “medio-alta”, contro una media italiana del 41,8%. Solo il 17,2% rientra nelle classi più basse, molto meno del 35,6% nazionale.

Il dominio dove l’Umbria eccelle è quello dell’Istruzione e formazione: ben il 44,4% degli indicatori è in fascia alta, e il passaggio diretto dei diplomati all’università (59,8%) supera di 8 punti la media italiana. Anche nella partecipazione civica e istituzionale, la regione si distingue: alle elezioni europee 2024 ha votato il 60,8% degli umbri, 11 punti sopra la media nazionale.

 

Innovazione e creatività: tallone d’Achille

Non mancano, tuttavia, le zone d’ombra. Il dominio più critico del BesT è quello legato a innovazione, ricerca e creatività. Solo il 37,5% degli indicatori è nelle fasce alte, e la regione presenta dati deludenti sulle domande di brevetto: 53,6 per milione di abitanti, contro una media nazionale di 102,9. Terni sprofonda a 21, mentre Perugia fa meglio con 64,8, ma resta lontana dagli standard nazionali.

 

Cultura, biblioteche, servizi: il capitale invisibile

Non si vive solo di reddito. In Umbria sono attive 156 strutture culturali tra musei, monumenti e aree archeologiche, il 3,5% del totale italiano. Le biblioteche pubbliche e private sono 119, presenti nel 67,4% dei comuni. I servizi online comunali per le famiglie sono tra i più avanzati d’Italia: il 61% dei comuni gestisce digitalmente almeno un servizio, contro il 53,6% nazionale.

L’Umbria che resiste (e che può ripartire).

Il bilancio è agrodolce. L’Umbria ha subito più di altre regioni gli effetti dell’inflazione e della stagnazione post-Covid, specialmente per quanto riguarda il lavoro dipendente. Ma resta una regione dove la qualità della vita, la coesione sociale, l’accesso alla cultura e ai servizi regge, e in alcuni casi supera la media nazionale.

Per invertire la rotta serve puntare su innovazione, giovani, capitale umano. Le fondamenta ci sono, ma il tempo stringe. E il benessere, da solo, non paga le bollette.

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