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POLYMER, UN’OCCASIONE PERSA /FOTO

(di Roberta Falasca) Quando la Polymer era. Quando la Polymer c’era. Quando faceva brillare Terni di luce propria. Bastava dire Polymer e le porte della chimica si spalancavano all’Italia. Una grossa azienda italiana che produceva polipropilene, nata sulle ceneri dello stabilimento della Saigs, Società anonima industria gomma sintetica, che basava la sua lavorazione sul butadiene, che aveva come suo precursore l’aldeide acetica, e che a sua volta era ricavata dal carburo di calcio. La Polymer nacque a Terni perché a Papigno c’era uno dei pochi centri italiani per la produzione di carburo di calcio e la possibilità di utilizzare l’energia elettrica prodotta dalle Cascate delle Marmore. Grossi nomi dietro alla Polymer degli anni ’50-‘60: Pirelli, Iri, Gruppo Montecatini e poi Edison, la cui fusione portò alla nascita della Montedison. Ma lo stabilimento toccò il vero successo quando la società decise di affidare al polo di Terni il compito di sfruttare industrialmente l’invenzione del Premio Nobel per la chimica Giulio Natta: il polipropilene isotattico, conosciuto con il nome commerciale di Moplen. Un’azienda che contava allora di 3000 dipendenti, un numero destinato poi a crescere. Nel 1972 la Polymer venne incorporata, insieme alla Rhodiatoce, nella Châtillon, che assunse la denominazione di Montefibre, società creata da Montedison per riunificare le attività del gruppo in tema di tecnofibre. Nel 1973 il settore del film plastico polipropilenico, usato per il confezionamento di prodotti alimentari con buste trasparenti che permettono la visibilità del prodotto, venne scorporato dalla Montefibre e razionalizzato nella nuova società che prese il nome di Moplefan. I successivi passaggi portarono poi alla suddivisione in tre strutture: Merak (con il marchio Meraklon) per il fiocco polipropilenico, Meraklon Bcf per il filo continuo per tappeti e Moplefan per tappeti. Dopo la costituzione delle società Dimp e Merak, la Dimp coinfluì nella Himont Italia. E oggi? Cos’è la Polymer? Il nulla. Lo stato di abbandono del plesso denunciato dalle immagini parla da solo. Il cartello che invita tutti a recarsi al museo scientifico non mantiene le promesse. Una fabbrica che oggi perde i pezzi, a cui non viene data la giusta ricompensa, neanche dal punto di vista dell’immagine. Ecco, questa oggi è la Polymer. Questa è Terni. Foto: (archivio) TerniLife ©

 

 

 

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